Nella terza domenica di preparazione alla Quaresima, noi ascoltiamo la parabola del figlio prodigo (cfr. Lc 15, 11-32)… La parabola ci mostra il tempo del pentimento come il ritorno dell’uomo dall’esilio… Un uomo che… non ha mai sentito di essere esiliato, lontano da Dio e dalla vera vita, non comprenderà mai che cos’è il Cristianesimo. E colui che si sente perfettamente “a casa sua” in questo mondo…, che non è mai stato ferito dal desiderio nostalgico di un’altra realtà, non comprenderà che cos’è il pentimento. [Tale domenica ci aiuta a capire che siamo] ben lontani dalla [nostra] dimora, dalla [nostra] vera vita.
«Immerso nela mia malizia, ho errato lontano dalla tua gloria di Padre», dice il kontákion di questo giorno, «ho sperperato con i peccatori le ricchezze che tu mi avevi dato. Per questo, con il figlio prodigo, innalzo a te il grido: “O Padre pieno di bontà, ho peccato contro di te; accettami come un penitente e trattami come uno dei tuoi salariati…” »…
…Una particolarità liturgica di questa domenica [è]… al mattutino… dopo il canto solenne e gioioso dei salmi del Polyéleion, cantiamo il salmo 137, triste e nostalgico:
Sui fiumi di Babilonia,
là sedevamo piangendo
al ricordo di Sion…
Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra;
mi si attacchi la lingua al palato,
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non metto Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioai…
È il salmo dell’esilio. Gli Ebrei lo cantavano durante la loro prigionia a Babilonia, pensando a Gerusalemme, la loro città santa. È diventato per sempre il canto dell’uomo che si rende conto del suo esilio lontano da Dio e che, rendendosene conto, ridiventa uomo… Questo salmo sarà cantato ancora due volte, nelle ultime domeniche prima della Quaresima: ci mostra così la Quaresima come pellegrinaggio e pentimento, come ritorno.
Alexander Schmemann, «Quaresima: in cammino verso la Pasqua», Edizioni Qiqajon, Magnano (BI) 2010, pp. 39-41